Che cos’è la philophobia?
Con il termine filofobia viene generalmente intesa la paura anomala e sproporzionata di amare
Ci si riferisce infatti a quelle persone che di fronte alla possibilità di instaurare un legame maturo sperimentano dei sintomi specifici mettendo in atto schemi disfunzionali.
Perché?
Solitamente, in alcune persone, l’aver vissuto un’importante delusione amorosa potrebbe far sperimentare un blocco nell’abbandonarsi in un’altra storia anche dopo molto tempo dall’ultima relazione. In questo caso la filofobia è probabile che si identifichi in un meccanismo di difesa messo in atto dall’individuo al fine di proteggersi dal rivivere le sensazioni di una profonda sofferenza.
Svolge un ruolo fondamentale anche il modello di attaccamento sviluppatosi durante l’infanzia che tende a conservarsi e perpetuarsi attraverso particolari meccanismi: innanzitutto, influenzando la scelta del partner a cui legarsi. Non di rado, coloro che hanno vissuto un’instabilità delle relazioni primarie finiscono per cercare legami esclusivamente con partner incapaci di costruire e mantenere un rapporto duraturo e quindi vengono attratte da persone instabili e dall’emotività non prevedibile. Perciò, sembrano non essere attratte da chi possiede caratteristiche di personalità stabile e in grado di impegnarsi in rapporti a lungo termine. Anche se superficialmente consapevoli del minor rischio di essere abbandonati da questa tipologia di partner, sono spinte verso individui del primo tipo probabilmente riconoscendoli, in modo inconscio, più aderenti al loro schema primario di attaccamento, mettendo così in atto quella che è la coazione a ripetere: tendenza incoercibile, del tutto inconscia, a porsi in situazioni penose o dolorose, senza rendersi conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze. L’aver vissuto in un clima familiare distaccato/evitante oppure ipercritico, potrebbe far aumentare la paura dell’abbandono o di essere rifiutati, portando quindi la persona a fuggire da quelle situazioni in cui c’è la possibilità di innamorarsi, amare ed essere amati per il terrore angosciante dell’abbandono.
Chi ha paura di amare potrebbe evitare del tutto le relazioni amorose spendendo le proprie risorse esclusivamente in altre aree della vita, ad esempio dedicandosi esclusivamente agli amici, concentrandosi morbosamente sullo sport con lo scopo di raggiungere una condizione di perfetta forma fisica, alternando fasi di soddisfazione a quelle di insoddisfazione con conseguente malessere, spesso assumendo regimi dietetici ipercontrollati, privandosi quindi di togliersi qualche sfizio a tavola, oppure dedicando esclusivamente tempo al lavoro, finendo così per esaurire le proprie energie, ecc…
Innamorarsi è come una dipendenza da droghe.
Innamorarsi è come una dipendenza da droghe in grado di generare vere e proprie ossessioni, d’altro canto può favorire la monogamia: queste le conclusioni di diversi neuroscienziati.
Durante la fase di innamoramento ciò che avviene nel nostro cervello è simile a ciò che prova un tossicodipendente che ricerca la sua dose.
Diversi studi tra cui quello di Fisher et al. 2017 pubblicato sul “Journal of Neurophysiology”, hanno descritto l’amore come una droga: secondo i neuroscienziati la fase dell’innamoramento è similare alla sensazione creata dalla dipendenza da sostanze stupefacenti, una grande euforia dovuta alle sostanze chimiche cerebrali coinvolte (ossitocina, dopamina, adrenalina e vasopressina). Analogamente alle droghe, più tempo si trascorre con la persona amata, più si sviluppa dipendenza.
Per quanto riguarda la monogamia, uno dei primi studi a riguardo risale al 2005 in cui Aragona B. e colleghi, ricercatori della Florida State University, e autori di uno studio pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, scoprirono che alcune molecole nel cervello responsabili della dipendenza da sostanze come eroina e cocaina, svolgono una funzione principale anche nell’innamoramento. I ricercatori hanno esaminato come la dopamina, che stimola il centro della ricompensa nel cervello, aiuta anche un piccolo roditore (arvicola della prateria o Microtus ochrogaster) a restare monogamo. Questi roditori, spiegano i neuroscienziati, sono noti per instaurare relazioni stabili e durature. La dopamina svolge un ruolo chiave nel regolare il desiderio negli esseri umani verso fonti di piacere come il cibo, ma anche eroina e cocaina. Il team si è concentrato su questi roditori in quanto la loro attività chimica cerebrale nell’innamoramento è analoga a quella umana. Inoltre, i maschi e le femmine si legano dopo un solo accoppiamento, in cui il roditore pare ignorare senza troppa fatica le tentazioni. Gli studiosi hanno scoperto che, successivamente al primo incontro, nel cervello dei maschi viene rilasciata dopamina, che “colpisce” l’area nucleus accumbens (presente anche nel nostro cervello). In questo modo, si è potuto osservare come, bloccando l’attività di una proteina attivata dalla dopamina, i maschi diventavano all’improvviso poligami, iniziando a trascurare la compagna. Secondo il ricercatore Brandon Aragona, il legame che si sviluppa tra i roditori è molto solido e i risultati suggeriscono quale sia l’attività cerebrale sottesa alla monogamia. Un meccanismo che, secondo il neuroscienziato, sarebbe analogo anche nell’uomo.
In risposta allo studio di Aragona et al., Lo psicologo Colin Wilson, della British Psychological Society, sottolinea come nel legame amoroso siano comunque fondamentali altre variabili relazionali/psichiche oltre che le numerose modificazioni neurofisiologiche.
Innamoramento, amore e ormoni.
Nella fase dell’innamoramento intervengono una serie di ormoni, inizialmente svolge un ruolo fondamentale la feniletilamina (PEA), uno stimolante in grado di generare lo stato euforico e il batticuore tipico degli innamorati. In un secondo momento possono entrare in gioco altri ormoni come l’ossitocina e la vasopressina che svolgono un ruolo fondamentale nell’instaurare affetto reciproco e nell’attaccamento. Non di meno importanza è il ruolo del testosterone, che insieme alla dopamina, è responsabile dell’eccitazione sessuale.
Cosa potrei fare per smettere di avere paura di amare?
Non c’è una risposta semplice, senz’altro il punto di partenza è quello di iniziare a capire come affrontarla, le modalità e le tempistiche con cui farle fronte sono individuali, è necessario tenere a mente che le paure, inclusa quella di amare, più passa il tempo e più si radicano in noi, insomma se alla paura diamo un dito questa si prende anche il braccio e in questo caso il cuore.
Come affrontare la filofobia?
Se questa paura è sproporzionata e hai già messo in atto le risorse a tua disposizione senza riuscire a superarla, allora puoi consultare un sessuologo clinico iscritto all’albo degli psicologi.
Bibliografia
Fisher et al. “Reward, Addiction, and Emotion Regulation Systems Associated With Rejection in Love”, Journal of Neurophysiology 2017
Aragona et al. “Nucleus accumbens dopamine differentially mediates the formation and maintenance of monogamous pair bonds”, Nature Neuroscience 2005
Holmes Jeremy. “La teoria dell’attaccamento”, Raffaello Cortina 2017
Guerreschi Cesare. “La dipendenza affettiva. Ma si può morire anche d’amore?” Franco Angeli 2018
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